Piogge d'autunno

e di primavera


Commento ai Vangeli del giorno

del Tempo Ordinario: XXII-XXXIV Settimana

(Vangelo di Luca)


Con la pubblicazione di questo libro, si conclude la serie di volumi dedicati al commento dei Vangeli del giorno. Ciò nondimeno, ancora adesso l’impresa, pur portata a termine, continua a sembrare da giganti, assolutamente superiore alle proprie forze: sei libri, più di duemila pagine, più di cinquecento commenti a pericopi evangeliche, altrettante trascrizioni delle pericopi stesse; il tutto svolto nei ritagli di tempo rubati ogni giorno alla vita nel mondo, quale ospite clandestino in un’altra dimensione. Com’è stato possibile? La risposta si può trovare, forse, nella Lettera di Giacomo.


«Siate dunque pazienti (makrothymésate), fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d’autunno e le piogge di primavera» (Gc 5,7: secondo la versione CEI del 1971). Ecco: di fronte all’immensità dell’opera ancora da svolgere, basta alzare lo sguardo ed inspirare profondamente – makrothymía – contemplando l’orizzonte ampio di cui facciamo parte e che al tempo stesso ci supera. Proprio quest’ampiezza può atterrire, certo, ma può divenire altresì liberante: il gioco è molto più grande di noi; noi ne siamo responsabili per questa minuscola porzione, che è il qui ed ora, l’hic et nunc. Il resto, grazie a Dio, ci supera: spetta agli altri, forse a Dio stesso. L’erba, del resto, pure qualora la si tirasse, non crescerebbe più velocemente. Il tempo allora può diventare l’esperienza di un gioco meraviglioso. Da una parte, l’unicità del proprio ruolo, del proprio nome: solo noi possiamo svolgere quella parte, scrivere quelle parole, vivere la vita, insostituibili. Dall’altra, l’ampiezza del gioco stesso: altri reciteranno la loro parte, Dio stesso compirà l’opera sua (Sal 138/ 137,8: secondo la versione CEI del 1971). Unicità di sé e dell’altro da sé, in una correlazione che supera entrambi: la vita così può assumere la forma di un gioco che, quanto più è conosciuto, tanto più è avvincente (come avviene, del resto, per qualunque arte appresa da un uomo); quanto meno lo si tiene in pugno, tanto più risulta bello, sempre più bello.